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mercoledì 25 luglio 2012

Confine (quello che le guide non dicono…..)


Superiamo senza problemi la frontiera kirghisa, anzi, i poliziotti permettono al nostro autista di accompagnarci oltre. Che felicità! Non ci tocca camminare con questi bagagli cosi pesanti. Fra il resto il nostro borsone si era rotto durante il volo e quindi è dall’inizio che trasciniamo un peso morto. La felicità dura poco: tre kilometri… il resto a piedi. Non ci resta che fare buon viso a cattiva sorte … tanto, sarà mica lontano questo confine, ci diciamo più per farci forza che perchè ci crediamo . Intanto il gruppo dei turisti è aumentato: si è aggiunta una coppia di anziani,- perché noi no, vero?- ungheresi e tutti insieme ci avviamo su per una strada sterrata e molto ripida. Dopo almeno 1 km arriviamo davanti ad un cancello chiuso. Cosa succede? Pausa pranzo. Ma come? chiediamo timidamente noi, sono le 10 del mattino. Eh no, …. 10=local time, ma qui è 12= Beijing time. Ah, che ci vogliamo fare, ci adattiamo alla doppia ora! Davanti al cancello si era formata una lunga fila, ma che dico fila …. assembramento di TIR, probabilmente fermi li già da qualche ora o giorno, non si capisce bene, che suonano e schiamazzano. Insomma, dopo un po’ arrivano alcuni militari che aprono i cancelli e fanno passare noi e una decina di camion. Ci controllono i passaporti e poi ci dicono di proseguire lungo la strada. Noi obbediamo e, zaini in spalla, ci avviamo. Dai camion che erano parcheggiati in senso contrario ci arrivano dei cenni che, per una volta non sono difficili da decifrare, chi dice 7 chi 8 km al posto di frontiera e ci consigliano di chiedere un passaggio ai camionisti. Ovviamente così facciamo. Siamo fortunati perché un camion kirghiso carica noi due e lo spagnolo ( e i nostri bagagli) in cabina  e ci porta fino al posto di controllo. Meno male, ci diciamo. E andiamo verso gli uffici, dove dopo averci fatto aspettare un sacco di tempo, averci ritirato i passaporti, averci fatto svuotare le valige, aver guardato le foto nel computer, ci hanno fatto accomodare in una saletta. Passa il tempo, chiamano lo spagnolo e la coppia di ungheresi che non vediamo più. E noi sempre lì in attesa , questa volta con tutti i passeggeri dello sgangherato autobus azzurro e  tutti i loro bagagli che mettevano in secondo piano i nostri zaini. Chiamano i passeggeri di “Confortable Vacations” e poi finalmente si rivolgono a noi 6, unici rimasti: ora dovete salire sullo Shuttle che vi porta al nuovo confine a 142 km da qui….!!!!!????? Piuttosto che a piedi, ci diciamo … e prendiamo i nostri stracci e saliamo sul ……”Confortable Vacations” anche noi…. Ognuno in una cuccetta condivisa con i bagagli di non si sa chi – io per fortuna ho tenuto uno dei nostri zaini e quelli dei due ragazzi di Firenze, ai quali insieme a Flavio, era stata assegnata una cuccetta ai piani alti! Mi è andata bene, con la scusa degli zaini mi sono liberata del piumino in dotazione…. Alle 1 (local time) partiamo e subito tutti cadiamo in letargo: quando si allenta la tensione, ci si rilassa.  Peccato che dopo un’ora, altro controllo. Dobbiamo scendere tutti dall’autobus e riaprire i nostri bagagli in mezzo alla strada polverosa. Tirano fuori ogni cosa, controllano le tasche e a qualcuno chiedono spiegazioni. Verso le 3 ripartiamo e solo dopo 5 ore di strada sconnessa e polverosa arriviamo al nuovo posto di controllo dove, per almeno 1 ora, ci lasciano nel cortile ad aspettare. Per farla breve, dopo l’ennesimo controllo,  ci consegnano finalmente i nostri passaporti e ripartiamo alle 11 sotto un diluvio pazzesco sempre con la “Confortable Vacations”.  Arriviamo a Kashgar alle 1 di notte  con molta fame, vi ricordo che ci eravamo portati un panino e due litri di acqua, ma siamo così stanchi che andiamo a letto senza mangiare.

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